Da dove partire per fare Ordine? Dalla A di Accountability
di Francesco Ceresia -
Articolo pubblicato il 5 giugno 2016 sul sito di AltraPsicologia.
Il 6 giugno 2016 si svolge il primo consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia alla presenza dei nuovi componenti subentrati dopo le clamorose dimissioni firmate dal vicepresidente Vincenza Zarcone e dai consiglieri Ivana Distefano, Antonella Morreale e Paola Siracusano.
Unitamente ai miei auguri di buon lavoro, vorrei consegnare a Daniela Smirni, Nicolay Catania, Giuseppe Infurchia e Gaetana D’Agostino una riflessione, nella speranza che possa essere loro utile nell’esercizio dell’importante compito che si accingono a svolgere.
Cari colleghi, non potete trascurare la ragione per la quale siete adesso chiamati a rivestire questo ruolo. State subentrando a colleghi che si sono dimessi formulando un atto di sfiducia formale verso il presidente Giardina, peraltro motivato da una decisa e circostanziata contestazione sull’uso del denaro da parte dell’Ordine in relazione ad uno specifico episodio. Non potete sorvolare sul fatto che entrate in Consiglio in ragione del fatto che alcuni consiglieri hanno accusato altri di aver adottato condotte non consone alla funzione svolta.
Il presidente Giardina si è più volte speso per affermare l’assoluta correttezza di ogni operazione svolta dall’Ordine, precisando come la mole di attività della quale l’Ordine è stato promotore negli ultimi due anni inevitabilmente può aver determinato qualche piccola criticità formale. Qualche consigliere - riporta Dario Caminita in un articolo a sua firma pubblicato su AltraPsicologia il 17 maggio 2016 - ha poi bollato come “troppo fiscale” chi ha sollevato in Consiglio delle obiezioni verso tali condotte, giustificando alcune violazioni al regolamento nel nome di un presunto principio di buona efficienza organizzativa: … altrimenti ci “ingessiamo”.
E qui arrivo al punto.
Vorrei in primo luogo ricordare che la natura degli ordini professionali è quella di enti pubblici non economici che operano sotto la vigilanza dello Stato, ed è quindi indubitabile la qualificazione pubblica del patrimonio dell'ente. In ragione di ciò, come anche affermato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), gli ordini professionali sono tenuti a rendere pubbliche le informazioni sul proprio stato patrimoniale e sulla più generale gestione economico-finanziaria.
Non vi è dubbio che ottemperare alle disposizioni in materia di amministrazione trasparente renda più complessa la gestione di un ordine professionale.
Ma non dimentichiamo che il deciso orientamento del nostro ordinamento giuridico su tale materia non è frutto del desiderio del legislatore di complicare la vita a chi ha il gravoso compito di gestire l’amministrazione di un bene pubblico. E non è neanche espressione di una perversa tendenza voyeuristica di apparati dello stato che traggono piacere dal mettere il naso negli affari altrui.
Tali disposizioni sono figlie di cinquant’anni di dolorosi apprendimenti nell’ambito della gestione della cosa pubblica, che hanno convinto il legislatore a ritenere strettamente necessario il dover accompagnare al processo di delega del potere una corrispondente valutazione in itinere da parte dei cittadini, ed eventualmente una sanzione, in merito all'operato dei decisori pubblici.
Questo processo di valutazione, che non può darsi ovviamente in assenza d’informazioni particolareggiate sulle modalità di gestione del bene pubblico, prende il nome di Accountability.
Studiosi come Lambert-Mogiliansky[1], Fox[2] e Mattli & Büthe[3] segnalano che l’Accountability - se efficacemente applicata - produce effetti virtuosi sia sui comportamenti dei gestori delle risorse pubbliche che sulle performance dell’Ente pubblico stesso.
Inoltre, è dimostrato come l’Accountability sia un potente fattore di contrasto ai fenomeni corruttivi, laddove la recente storia giudiziaria di questo paese descrive questi ultimi come tristemente frequenti nei casi di amministrazione del bene pubblico.
Sulla base di queste considerazioni, voglio rivolgervi l’invito a incidere decisamente sulle strategie e sull’operatività del Consiglio dell’Ordine della Sicilia in materia di Accountability, e in via assolutamente prioritaria.
E’ importante comprendere che ciò che più conta ai fini della valutazione della qualità dell’operato di chi amministra un bene pubblico non è la mole di attività che vengono realizzate, ma i risultati che questa mole produce e il modo con il quale questi risultati sono stati conseguiti.
Chi amministra l’Ordine degli Psicologi si trova oggi a dover gestire una tale complessità di fattori che è inimmaginabile operare senza il supporto e il virtuoso processo di controllo di tutti gli iscritti, ovviamente in una logica di reciproco rispetto delle competenze e delle responsabilità.
La bontà di questo ragionamento credo sia dimostrata, nel nostro specifico settore professionale, anche dai fatti.
Da quando ENPAP è governata secondo i più rigorosi principi di trasparenza e rigore gestionale (leggasi Accountability) i risultati non si sono fatti attendere: la riforma previdenziale realizzata da AltraPsicologia ha aumento sensibilmente il valore dei contributi versati dagli psicologi professionisti nel 2015 all’ENPAP (dallo 0,5% a quasi il 3%).
Se l’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia avesse adottato un modello di Accountability, l’incidente alla base delle dimissioni dei quattro consiglieri di maggioranza non si sarebbe verificato, evitando l’immissione in circolo di un’ulteriore dose di veleno nella nostra comunità professionale. Inoltre, avrebbe sviluppato un atteggiamento diverso rispetto alle richieste di accesso agli atti formulate da alcuni colleghi, probabilmente anche verso quelle formulate non “in punta di diritto” - a causa di una non approfondita conoscenza della vigente normativa - ma che pure lasciano trasparire una comprensibile esigenza di trasparenza.
Se l’ENPAP a governo AUPI avesse a suo tempo adottato un modello di Accountability, il dott. Arcicasa non avrebbe potuto comprare nel 2011 il Palazzo di Via della Stamperia a Roma (acquistato la mattina a 26,5 milioni di Euro e rivenduto la sera agli psicologi per 44,5 milioni), in quanto sarebbe stato messo sul “chi va là” da colleghi meno “ingenui”. Inoltre, oggi non si ritroverebbe condannato a risarcire l’ENPAP per 11 milioni di euro.
Tutto ciò senza contare che, adottando un modello di Accountability nella gestione della propria amministrazione, gli stessi decisori sviluppano quasi inconsapevolmente una sensibilità che può essere proficuamente applicata anche alla gestione dei propri beni personali, generando probabilmente ulteriori effetti positivi.
Non oso infatti pensare a quale cifra il dott. Arcicasa abbia sborsato per l’acquisto del suo appartamento.
Ingenuo com’è …
Bibliografia
[1] Lambert-Mogiliansky (2015). Social accountability to contain corruption. Journal of Development Economics, 116, 158-168)
[2] Fox, J. A. (2015). Social accountability: what does the evidence really say? World Development, 72, 346-361
[3] Mattli, W., & Büthe, T. (2005). Accountability in Accounting? The Politics of Private Rule Making in the Public Interest. Governance, 18 (3), 399-429
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